Tra i numerosi alberi verdi intorno a noi ci soffermiamo presso un luogo particolare. La nostra attenzione viene catturata dai resti di un ceppo molto vecchio, che ancora oggi si erge come un guardiano silenzioso avvolto dalla cornice del parco; questo è ciò che rimane della rinomata quercia di Eugenio Montale.

Situata a pochi passi dal Museo di Storia Naturale e dal suggestivo Planetario Hoepli, è una presenza enigmatica che rivela i suoi segreti solo a coloro che scelgono di sostarvi. In un pittoresco angolo verde, all’estremità di un incantevole prato, questo albero è un monumento vivente legato alle gesta di Eugenio Montale, il celebre scrittore italiano e poeta insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1975. Montale, figura poliedrica che spaziava tra scrittura, traduzione e critica musicale, aveva la consuetudine di ritirarsi sotto l’ombra imponente di questa quercia per trovare ispirazione tra le pagine dei suoi scritti. La comodità della sua ubicazione era un vero privilegio, considerando che Montale lavorava come giornalista presso il Corriere della Sera, il cui storico edificio si trova ancora oggi a pochi passi dal parco, in via Solferino.

La quercia di Montale è una cosiddetta Quercus Rubra, ovvero una maestosa Quercia Rossa originaria del Nord America. Con una storia che abbraccia circa due secoli, questo albero è uno dei più antichi e grandi di Milano. I resti di questo albero sono un vero tesoro naturale, e godono di una protezione speciale ai sensi della legge numero 10 del 2013, che si prefigge di preservare il prezioso patrimonio arboreo del paese, con particolare attenzione agli alberi monumentali come questo; essi possono essere abbattuti solo in circostanze eccezionali e in presenza di evidenti pericoli. Purtroppo, negli anni, l’azione dei funghi ha compromesso la robustezza del suo imponente tronco, rendendolo completamente cavo e incapace di sostenere il peso delle sue massicce branche. Nonostante questa sfida, la quercia mantiene intatta la sua bellezza e continua a essere un luogo di attrazione per coloro che desiderano contemplare la sua grandezza e condividere la sua quiete vicino alle sue radici secolari.

Fino a qualche anno fa, la chioma di questo albero era lussureggiante, formando una cupola perfetta di fronde che conferiva al paesaggio una sensazione di pace e una profonda connessione con la natura.

Diversamente dalle querce europee, note per la loro longevità fino ad ottocento anni, le querce americane come questa sono più fragili ma non meno straordinarie. La quercia era un tempo considerata sacra a Giove per la sua imponenza e la durezza del legno. Nei Giardini Indro Montanelli, numerosi esemplari di questa meraviglia naturale testimoniano la bellezza e la fragilità dell’armonia tra l’umanità e il mondo vegetale che li ospita.

Gli alberi hanno il potere di catturare l’attenzione dei visitatori e di incantarli, offrendo un rifugio sotto le loro fronde per rinfrescarsi e godere del profumo dell’aria circostante. Ascoltare il delicato sussurro delle foglie mosse dal vento è un’esperienza quasi musicale, un invito a immergersi nel mondo naturale. Gli alberi, in particolare quelli antichi chiamati “monumentali”, hanno il dono di instillare negli individui un profondo senso di connessione con la natura e con l’universo, una sensazione che sfugge alle parole.

Questo eccezionale esemplare di quercia è ormai prossimo alla conclusione del suo lungo viaggio vitale. Il tronco, completamente cavo, lotta per sostenere il corrosivo effetto del tempo e degli eventi naturali.

Tuttavia, ciò non significa necessariamente la fine imminente della sua esistenza, poiché è probabile che continuerà a vivere per molti anni ancora, ed insegnare ai suoi osservatori rispetto del tempo e della vita. Visitare questi alberi secolari ci da modo di staccarci dalla frenesia cittadina, offrendoci un rifugio per ritornare alle origini e connettere con la natura.

Dopo aver contemplato questo luogo, proseguiamo sempre all’interno del parco per raggiungere il prossimo gigante silente: il famoso albero Bagolaro.

Ptolemy

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